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Piano casa. I bonus sul non residenziale
Regioni in pista per il recupero dei capannoni

di Michela Finizio

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11 luglio 2009

Luoghi produttivi per eccellenza, simbolo della rivoluzione economica. I capannoni, più noti come «capanùn» nel Nord-Est dove si concentrano circa 2.500 zone industriali, costituiscono un importante patrimonio per l'Italia, troppo spesso sottovalutato. L'occasione di riscatto ora arriva a chiare lettere dal piano casa, ma solo in alcune regioni.
Man mano che l'attuazione regionale prende forma, il provvedimento del governo si spinge oltre le palazzine residenziali e si affaccia nelle aree produttive, offrendo opportunità di riqualificazione e recupero anche alle zone industriali, ricche di fabbriche e laboratori artigianali. Delle cinque leggi regionali già arrivate all'approvazione definitiva (in Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Veneto e nella provincia autonoma di Bolzano) tutte prevedono la possibilità di intervenire anche su edifici non residenziali, o comunque a destinazione d'uso mista.

In Veneto sugli edifici non residenziali costruiti prima del 1989 in «zone proprie» (esclusi, cioè, quelli collocati in zone agricole) è possibile procedere alla demolizione e ricostruzione ottenendo un bonus del 30% della superficie coperta, un premio che può salire al 40% prevedendo l'utilizzo di fonti rinnovabili. «L'obiettivo - afferma Renzo Marangon, assessore regionale all'Urbanistica - è consentire un ampio rinnovamento del patrimonio edilizio industriale con la costruzione di nuovi edifici ad emissioni zero, che produrranno un grande risparmio energetico e renderanno più belle le nostre periferie, eliminando le molte brutture costruite negli anni '50 e '60». Quindi giù i capannoni, così come le strutture ricettive o di terziario, al posto dei quali sarà possibile costruire qualcosa di più «bello» e allo stesso tempo funzionale, che impatti di meno sul paesaggio locale. Gli unici vincoli alla sostituzione edilizia in Veneto sono sugli immobili commerciali, con un'esplicita esclusione degli ampliamenti che possano essere utilizzati per eludere i limiti «in materia di programmazione, insediamento e apertura di grandi strutture di vendita, centri e parchi commerciali». In altre parole non è possibile sfruttare il piano casa per ingrandire le strutture commerciali e aggirare così i tetti sui grandi centri, ma resta invece possibile qualche piccolo intervento su negozietti "di piccola taglia".

Anche in Emilia Romagna sono consentiti interventi di sostituzione su immobili nei quali siano presenti unità ad uso diverso da quello abitativo, purché in quota non superiore al 30% dell'intero edificio, ad esempio palazzine con negozi e uffici al piano terra. In questi casi l'ampliamento si calcola solo sulla superficie pertinente all'uso abitativo (pari cioè al 35% della sola superficie residenziale dell'edificio) e l'intervento deve assicurare il raggiungimento di livelli minimi di prestazione energetica, superiori di almeno il 25% rispetto a quelli previsti dalle disposizioni regionali di riferimento (delibera 156/2008).
La demolizione e ricostruzione di edifici misti, con massimo il 25% di superficie non residenziale, è prevista anche dai provvedimenti di Toscana e Umbria. In più, in Umbria, sarà possibile intervenire anche sugli immobili situati nelle aree industriali (inclusi alberghi e grandi centri commerciali), con un bonus sulla ricostruzione del 20 per cento. A patto però che l'edificio sia inserito in un piano attuativo di riqualificazione, un atto proposto dai proprietari che interessi almeno 20mila metri quadrati di superficie fondiaria, approvato dalla Provincia.

Già approvata anche normativa della provincia della provincia autonoma di Bolzano (legge 1/2009 che però ha delegato i dettagli alla giunta) dove non è prevista la demolizione e gli ampliamenti sono possibili sugli edifici che hanno una destinazione residenziale per oltre il 50% (percentuale che i Comuni possono elevare al 75%), con almeno 300 metri cubi fuori terra ed esistenti alla data del 12 gennaio 2005. In questo caso è possibili ampliare l'immobili, secondo lo standard Casa Clima C, al massimo di 200 metri cubi fuori terra.
La corsa all'approvazione del piano casa non si arresta neanche nelle altre regioni: in Piemonte e Lombardia i testi saranno la settimana prossima all'esame del consiglio regionale. La legge lombarda, in particolare, dopo l'ultimo passaggio in commissione Territorio è tornata nella sua versione originale, quella approvata dalla giunta Formigoni. Nulla di fatto dunque per gli emendamenti che ampliavano le possibilità di intervento sul non residenziale: per il momento è prevista solo la sostituzione con bonus fino al 30% sulla volumetria esistente di «edifici produttivi esistenti nelle aree (...) a specifica destinazione produttiva secondaria», individuate dai comuni entro il 15 settembre 2009. Che può salire al 35% nel caso di interventi «che assicurino un congruo equipaggiamento arboreo».

Anche in Sicilia, infine, è alta l'attenzione nei confronti degli edifici produttivi: il disegno di legge presentato, oltre all'ampliamento (+20% della superficie coperta) e alla sostituzione (+35%), introduce la possibilità di delocalizzazione, ovvero lo spostamento con bonus del 30% di immobili sui quali pesa il vincolo di inedificabilità assoluta, ad esempio per dissesto idrogeologico o per il forte impatto paesaggistico. Insomma, un modo per "liberare" le aree più sensibili e traslocare gli insediamenti produttivi altrove.

11 luglio 2009
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